Forum per scrittori: La vetrina dello scrittore esordiente

Onibatsu

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view post Posted on 12/4/2024, 19:00     +1   +1   -1
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Il Cavaliere Nero
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Racconto che risale al settembre 2022. Si è classificato al secondo posto nell'edizione n. 72 del concorso NeroPremio.

In fondo trovate un utile glossario per molti termini presenti nel racconto.


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Uta no Mori. Ora comprendeva il motivo di quel nome. La foresta sussurrava intorno a loro con un che di musicale… troppo perché potesse trattarsi del mero stormire delle foglie. Era una voce lieve che carezzava l'ego e ammaliava, ma allo stesso tempo conteneva un'eco vaga e indefinibile che spingeva a diffidarne. Come il sorriso ingannevole di una yuki–onna.
Nonostante fosse pomeriggio, nella macchia dominava la penombra per via del cielo nuvolo, che prometteva pioggia. Il sentiero si snodava tra querce, faggi, pini e frassini; avrebbe dovuto condurli fuori dalla foresta e nella Prefettura di Yamauchi. Questo, se la loro guida aveva detto la verità.
Il bonzo guerriero affiancò il destriero al suo, mentre viaggiavano al piccolo trotto.
«Quali oscuri pensieri vi affliggono, Yuki–dono?»
Si limitò a indicare con lo sguardo il cavallo in testa alla colonna, su cui viaggiavano uno dei suoi uomini e il prigioniero.
«Ah, comprendo. Eppure finora ha mantenuto la parola. Non ci ha forse condotto alla Onibatsu?»
Il volto di Yuki Yoichi si fece ancora più rigido.
«Nulla di buono è mai venuto dal fidarsi degli yokai, Tenkai.»
Il bonzo sorrise con aria comprensiva.
«Dite il vero, soprattutto di uno yoko.»
Il Daimyo si soffermò sulla corda azzurra che imprigionava dietro la schiena i polsi dell'essere.
«Sei sicuro che possiamo fidarci della oba–san?»
Tenkai rise.
«Dovreste mostrare più rispetto, in fondo potrebbe essere in ascolto!»
«Non mi hai risposto.»
«Non c'è pericolo che lo yoko riesca a liberarsi da quella corda… non da solo, almeno.»
Yoichi fissò la figura a cavallo, fasciata in un kimono bianco tanto elegante quanto fuori luogo. I capelli d'argento erano legati in un'acconciatura perfetta dalla quale spuntavano le lunghe orecchie volpine. Cosa tramava? Stavano davvero conducendo il gioco, oppure era soltanto ciò che lo yokai voleva far loro credere?
Richiamò a sé con un gesto il ninja, che lo raggiunse.
«Igarashi, voglio che tu non perda mai di vista la nostra guida.»
Lui chinò il capo in un gesto secco e allontanò il destriero senza proferire parola, il volto coperto e gli occhi che saettavano qua e là. Yuki cercò conforto posando la mano libera sul grosso fagotto assicurato alla sella; era l'oggetto più prezioso che avesse avuto mai l'onere e l'onore di trasportare. Non capitava tutti i giorni di essere scelti dallo Shogun in persona per un compito… men che mai per uno dal quale dipendevano le sorti del regno.
Tenkai lo stava fissando con aria di rimprovero.
«Concentratevi sul qui e ora, Yuki–dono. A che giova pensare a ciò che è fuori dal controllo degli uomini? Abbiamo bisogno della vostra buona guida.»
Fu come se un peso gli si sollevasse dalla schiena; trasse un respiro profondo e annuì.
«Forse hai ragione, ojii–san1.»
«La vostra mente deve essere affilata come la vostra spada, la vostra mano ferma, il vostro cuore saldo, i vostri sentimenti placidi come il mare in bonaccia. Solo così la Via del Buddha apparirà dinanzi ai vostri occhi.»
La compagine viaggiò fino a giungere a un bivio, dove s'arrestò. Yuki incitò il destriero bianco e si affiancò al prigioniero.
«Da che parte, yoko?»
Sorrise. I suoi occhi violetti baluginavano nella luce uggiosa.
«A sinistra… no, aspetta, forse era a destra. Temo di non ricordarlo.»
Il Daimyo non si scompose.
«Forse dovrei tagliarti un orecchio, magari aiuterebbe la tua memoria.»
L'altro mostrò i canini.
«Come siete bellicosi, voi umani! Volevo solo stuzzicarti un po', sono ore che mi annoio. Il tipo qui davanti è loquace come un cadavere.»
«Sa bene che non deve ascoltarti, bestia infida quale sei. Ora indicami la strada, non abbiamo tempo da sprecare per i tuoi sollazzi.»
La bocca dello yoko si distese in un ghigno.
«Ah, giusto, lo Shogun attende che il suo fedele mastino gli giunga in soccorso!»
«Non sono noto per la mia pazienza, yokai.»
Indicò il sentiero di sinistra con un cenno plateale della testa e si limitò a fissarlo, ridendosela sotto i baffi. Yoichi ordinò alla colonna di ripartire e tornò al suo posto, la mano che allentava poco a poco la presa sull'elsa della tachi.
Si rivolse al bonzo.
«Ha in mente qualcosa, ne sono certo.»
Lui si riaggiustò il kasa sul capo e si accarezzò la barba spruzzata di bianco.
«È probabile, ma non possiamo farci nulla. Qualunque altra via ci avrebbe sottratto giorni di viaggio… tempo che non abbiamo. Le forze degli oni staranno di certo già assediando la capitale mentre parliamo.»
Il Daimyo sospirò e continuò a cavalcare, cercando invano di placare le sue preoccupazioni.


***




Le ombre della sera cominciavano ad addensarsi su di loro quando giunsero a un fiume. Il corso era ampio e profondo, le acque scure celavano allo sguardo ciò che si trovava al di sotto della superficie. L'unico guado praticabile era un ponte di legno malmesso che chiunque avrebbe fatto volentieri a meno di attraversare. Le prime gocce di pioggia che avevano iniziato a cadere poco prima si tramutarono in quel momento in una pioggerella fine e lo yoko rise.
Yuki serrò la mascella.
«Cos'hai da ridere, tu?»
«Oh, niente, solo che amo la pioggia!»
Il Daimyo levò il braccio.
«Attraversiamo senza indugio, ma con cautela!»
I cavalli erano nervosi, troppo per trattarsi soltanto del fiume. Alcuni cominciarono a indietreggiare e a sbuffare mentre la cavalcatura del prigioniero era ancora sulle prime assi del ponte. D'un tratto Igarashi scattò in avanti al galoppo e indicò qualcosa che emergeva dal corso d'acqua.
«Kappa!»
Accadde tutto molto in fretta. Lo yoko alzò una gamba e sferrò un calcio alla tempia del soldato davanti a lui, gettandolo a terra; balzò giù da cavallo con lo stesso movimento e si lanciò in direzione del kappa. La creatura verde muschiata balzò fuori dal letto del fiume con una lunga fiocina protesa, che lo yoko sfruttò per squarciare la corda. Scattò verso Yuki e mentre correva si trasformò in una volpe bianca dalle tre code; nel frattempo altri kappa erano emersi dall'acqua e stavano disarcionando i samurai, spingendo i cavalli terrorizzati alla fuga.
Il Daimyo sguainò la tachi e si preparò a ricevere il nemico.
«Serrate i ranghi! Non lasciatevi sopraffare!»
Igarashi lanciò dei kunai a uno dei kappa, ma questi si voltò giusto in tempo per ripararsi dietro al guscio che portava sulla schiena. Gli altri uomini, rimasti appiedati, avevano sguainato le katane e si preparavano allo scontro. Tenkai evitava gli affondi di una delle creature, in attesa di un'apertura per sfruttare le sue tecniche di arti marziali. Sarà stato anche vecchio, ma a nessun samurai sarebbe piaciuto avere a che fare con un esperto come lui, specie nel combattimento a mani nude.
La volpe balzò verso di lui e Yoichi vibrò un fendente, ma la mancò. La creatura strappò il fagotto dalla sella e si allontanò in direzione del folto con il bottino tra le fauci. Yuki serrò la mascella e spronò il destriero all'inseguimento, grato che non lo avesse abbandonato. Si allontanò dalla battaglia e s'inoltrò tra gli alberi su quella che era poco più che una stretta pista per la selvaggina. Riusciva a malapena a star dietro allo yoko mentre i rami gli frustavano il viso, ma non aveva alcuna intenzione di lasciarlo fuggire.
Lo avrebbe preso… anche a costo della propria vita.



***




Lo yoko lo condusse a un'ampia radura in cui svettava una cascina enorme e dall'aspetto rustico, perfino negletto. All'esterno c'era un ceppo su cui tagliare la legna, ma sia quest'ultimo che l'ascia che vi era conficcata erano enormi.
L'intenzione dello yokai doveva essere stata solo quella di seminarlo e non di condurlo lì, dato che la volpe scartò di nuovo verso il bosco, come se stesse fuggendo. Non andò lontano però, perché una figura gigantesca spuntò dagli alberi e le sbarrò il passo, tanto che anche Yoichi arrestò il cavallo con uno strattone improvviso.
L'oni rosso indossava pelli di selvaggina che lasciavano scoperta metà del petto, le due corna spuntavano minacciose dalla fronte e le zanne fuoriuscivano dalla bocca chiusa come decorazioni fuori posto. I capelli scuri erano una criniera irsuta legata dietro la schiena e gli artigli di mani e piedi avrebbero potuto rivaleggiare con quelli di un orso. Torreggiava sulla volpe da due metri e mezzo d'altezza e teneva poggiata su una spalla la sua grossa clava da battaglia.
I suoi occhi gialli si mossero da un intruso all'altro e la sua bocca si aprì quel tanto che bastava a mostrare il resto dei denti.
«Un cavallo, un umano e uno yoko… la cena è servita.»
La volpe drizzò il pelo mostrando le zanne, scartò su un lato e si lanciò verso gli alberi. L'oni allungò il braccio con un movimento fulmineo e l'avrebbe preso, se l'animale non fosse balzato via all'ultimo; con quella manovra però perse la presa sul grosso involto e fu costretto ad abbandonarlo per fuggire. Il gigante afferrò la refurtiva.
«Mmh? E questo cos'è?»
Yuki imprecò sottovoce. Avvertiva Kaze scalpitare sotto di lui, così smontò, lo tranquillizzò con qualche pacca e avanzò in direzione dello yokai.
«Credevo la tua gente fosse tutta in guerra.»
L'oni levò lo sguardo su di lui.
«Potrei dire lo stesso, umano. Mi importa solo di casa mia… e tu sei nel mio territorio. Il che mi dà il diritto di farti a pezzi e mangiarti.»
Si apprestò a squarciare il prezioso involto e Yoichi lo interruppe.
«Non possiamo parlarne? È colpa dello yoko, mi ha rubato quel fagotto, è un dono per il mio signore.»
Gli occhi sospettosi dell'oni tornarono a posarsi su di lui, valutandolo in silenzio.
«Se fossi così gentile da restituirmelo, toglierei subito il disturbo.»
Il gigante si abbandonò a una fragorosa risata che rimbombò nella radura.
«Gentile? Io? Ho un'idea migliore. Tu e il tuo cavallo finirete nel mio stomaco e questo, qualunque cosa sia, farà da esca per i prossimi umani che passeranno da qui. Che ne dici?»
Non poteva lasciare l'involto lì ed era inutile discutere, perciò non gli restava che un'opzione. Si liberò del mantello, sguainò la tachi e si mise in guardia.
L'oni rise di nuovo.
«Così vuoi sfidarmi, piccolo umano? Bene, bene, un po' di moto prima di cena mi farà bene. E visto che sono un tipo gentile, userò una mano sola… sei contento?»
Avanzò con passo pesante, tenendo il fagotto tra due dita della mano sinistra, mentre con l'altra brandiva la micidiale kanabou.



***




La battaglia contro i kappa fu rapida e feroce. Gli esseri attaccavano con le loro lunghe fiocine, trovandosi in vantaggio rispetto alle katane degli uomini del Daimyo. Questi ultimi riuscirono a sopraffare alcuni yokai attaccandoli da due direzioni, tuttavia era uno scontro difficile, soprattutto perché la pioggia li rendeva più forti. Igarashi poteva fare affidamento soltanto sulle proprie armi da lancio, su una kodachi e un misero tanto, trovandosi ancora più in difficoltà dei samurai.
Un kappa affondò la fiocina nello spazio tra le giunture dell'armatura di un guerriero; sfruttò quel momento per balzare in avanti e morderlo alla gola. Non appena si fu allontanato, il ninja raccolse la katana del caduto e ripose la propria arma. Pur essendo più lunga della sua restava comunque leggera e maneggevole, perciò si trovò subito a suo agio nel brandirla.
Uno yokai balzò in avanti e lo aggredì all'improvviso; l'addestramento di Igarashi però aveva dato i suoi frutti e il nemico non lo colse impreparato. Balzò su un lato e scagliò un pugnale da lancio, che si conficcò nella zampa del kappa. Mentre quest'ultimo gemeva di dolore, Igarashi coprì la breve distanza che li separava con uno scatto e piantò la spada nella gola del mostro, che crollò a terra scosso dagli spasmi.
Fu allora che, guardandosi intorno, il ninja si rese conto che nella foga della battaglia aveva perso di vista sia Yuki–dono che il prigioniero, contravvenendo agli ordini. Non ebbe il tempo di chiedersi dove fossero finiti, perché si ritrovò subito nella mischia.



***




A Yoichi fu sufficiente il primo assalto per rendersi conto del divario tra lui e il suo avversario. Si era limitato a deviare la clava con la spada ed era bastato a trasmettergli attraverso la lama un contraccolpo tale da fargli vibrare denti e ossa. Ricevere un solo colpo in pieno avrebbe potuto benissimo mandarlo all'altro mondo, mentre usare la tachi per parare era fuori questione: un altro paio di colpi l'avrebbero mandata in pezzi. Avrebbe dovuto giocare sulla velocità, ma anche la vitalità degli oni e la loro pelle coriacea andavano a suo svantaggio: erano necessari colpi ben piazzati per ferire davvero in profondità un colosso simile.
Lo yokai roteò un paio di volte la mazza sopra la testa.
«Allora? Ti arrendi già?»
Yoichi sfruttò quel momento per scattare in avanti, ma l'altro se l'aspettava e calò la kanabou con tutta la forza, colpendolo di striscio sullo spallaccio. La mazza chiodata sbatté a terra; il samurai ignorò il dolore e si gettò sul braccio sinistro con la spada protesa: se non poteva vincere, doveva recuperare il maltolto e fuggire, per quanto disonorevole. La posta in gioco era troppo alta per pensare all'orgoglio.
Eseguì un montante e la lama scattò verso l'alto, producendo uno squarcio sotto il bicipite del gigante, che mollò d'istinto il fagotto con un grugnito. Cadendo, l'involto si sciolse e rivelò una katana dall'elegante fodero nero e il manico rosso. Fece appena in tempo a chiudere la mano libera intorno all'arma, che l'oni emise un grido furioso e sferrò un fendente con entrambe le mani. Aveva di certo riconosciuto la Onibatsu.
La mazza frantumò la spada di Yoichi, e lo spedì contro la parete della cascina con una violenza tale che anche il kabuto gli saltò dalla testa. Era stato come se un ariete da guerra l'avesse colpito in pieno.
Abbandonò l'arma spezzata e si tolse la maschera per respirare meglio: avvertiva una pressione sul petto che non prometteva nulla di buono. Il gigante prese a incedere verso di lui trascinando sul terreno fangoso la kanabou.
«Farò a pezzi quella maledetta divoratrice di oni e diventerò una leggenda!»
Yoichi sentiva le forze mancargli, tanto che il solo sguainare la Onibatsu gli costò uno sforzo disumano. Ai suoi occhi, la lama blu aveva un aspetto ultraterreno. Si diceva fosse opera dello spirito del defunto Muramasa, che l'aveva temprata col suo desiderio di vendetta nei confronti del clan degli oni.
“Prendi pure ciò che resta della mia vita, ma ti prego… distruggi il mio nemico!”
Il suo appello cadde nel vuoto, l'arma non diede segni di vita mentre lo yokai si faceva sempre più vicino. Doveva davvero finire in modo così meschino? L'unica arma in grado di ribaltare le sorti della guerra, distrutta da un oni vagabondo?
Yuki tossì e sputò involontariamente il proprio sangue sulla lama; la fissò per lunghi istanti, chiedendo perdono allo Shogun per il suo fallimento.
Dopo molti secoli, un altro mendica il mio potere.
Yoichi sbatté le palpebre e si domandò se la voce non fosse solo frutto della sua mente che, sull'orlo della morte, vacillava.
Non saprei cosa farmene della tua vita, ma per potermi brandire dovrai rinunciare a tutto. Sei disposto a tanto, mortale?
«Sì…» sussurrò il samurai chiudendo gli occhi, prossimo a perdere i sensi; ormai il gigante era a pochi passi da lui. Un improvviso lampo di luce azzurra si propagò dalla Onibatsu e accecò lo yokai.
Così sia. Diverrai il nuovo flagello degli oni.



***




I kappa superstiti si erano dileguati nel fiume, abbandonando i propri morti. Il sentiero era ingombro di corpi mutilati, spade ed elmi abbandonati e la dozzina di uomini rimasta era intenta ad assistere i feriti. Igarashi ispezionò la zona circostante alla ricerca di tracce; s'inginocchiò per esaminare le orme di un cavallo, che si allontanava nel folto del bosco sul lato sinistro della via.
Il bonzo lo raggiunse.
«Trovato niente?»
«Credo che Yuki–dono sia andato da questa parte, forse inseguiva lo yoko.»
«Dobbiamo seguirli.»
Il ninja si alzò.
«Sarò più rapido da solo, tu dovresti restare di guardia, nel caso di ulteriori attacchi.»
«D'accordo, ma usa molta cautela, questo luogo ha occhi e orecchie. Ora va'.»
Igarashi annuì e partì di corsa senza indugio. I cavalli erano fuggiti tutti e l'unica speranza rimasta di portare la Onibatsu a destinazione in tempo era riposta in Kaze, ammesso che il Daimyo fosse ancora in possesso dell'animale.
Raggiunta una radura s'arrestò e trovò riparo dietro una grossa quercia. Kaze si trovava nei paraggi, ma furono le altre due figure a calamitare l'attenzione del ninja. Un oni rosso e un misterioso individuo. La sua vista era buona ma doveva avvicinarsi, per quanto rischioso fosse. Si portò dietro a un albero più vicino ai due e restò senza fiato: la pioggia si abbatteva su una figura tanto inquietante quanto straordinaria, che sembrava uscita dalle antiche leggende.
L'armatura era inconfondibile, si trattava senza ombra di dubbio di Yuki–dono, ma il suo aspetto era cambiato rendendolo a malapena riconoscibile. I capelli neri legati in un codino si erano allungati dietro la schiena ed erano divenuti bianchi, i lineamenti si erano inaspriti e la pelle era diventata blu come quella degli oni. Dalla bocca gli spuntava un paio di zanne, gli occhi erano rossi e minacciosi, le unghie delle mani erano divenute artigli; infine, una strana aura azzurrina circondava il suo corpo. In una mano stringeva la Onibatsu, la cui lama era ricoperta di fiamme blu.
“Non c'è alcun dubbio, quello dev'essere…”



***




Il gigante roteò la mazza.
«Fatti avanti, mezzosangue! Ti ridurrò in polvere!»
Yoichi osservò per qualche istante il palmo della mano libera e gli artigli, per poi spostare lo sguardo sul resto del proprio corpo. Avvertiva una forza misteriosa dentro di sé: era come una fiera rabbiosa che ringhiava di gola, ma che era pronta a ruggire e a fare a pezzi il nemico in qualunque momento. Allo stesso tempo si sentiva disgiunto da essa, distaccato da ogni emozione umana che aveva conosciuto fino ad allora… come se avesse raggiunto il bodhi. Ogni preoccupazione per la sorte del regno era svanita, così come la paura del dolore e della morte. Restava soltanto un nucleo d'acciaio di volontà inalterabile, implacabile e indistruttibile. La determinazione a seminare caos e morte tra gli oni.
L'attacco giunse all'improvviso, ma la kanabou trovò soltanto il terriccio fradicio della radura. Yuki stesso restò per un momento interdetto dalla velocità con la quale aveva scansato il colpo. L'oni ruggì e si lanciò di nuovo contro di lui, ma la mazza lo mancò di nuovo mentre si muoveva rapido qua e là, saggiando le sue nuove capacità.
«Codardo!»
Lo yokai lo raggiunse e levò la mazza, ma stavolta Yoichi si limitò a starsene impalato a osservarlo. L'arma calò con violenza inaudita, all'ultimo istante le braccia del samurai scattarono in alto e la Onibatsu bloccò il fendente senza alcuna difficoltà. L'oni continuò a esercitare pressione con entrambe le mani, ma non riusciva a piegare l'avversario, come se avesse di fronte un suo pari. Igarashi osservava la scena a bocca aperta.
«Maledetto… come puoi essere tanto forte?»
Yuki si accese d'una luce blu ancora più sfolgorante, la kanabou saltò per aria e la Onibatsu si abbatté sul gigante, squarciandogli il ventre. Crollò al suolo con un pesante tonfo, cercando ancora di allungare la grossa mano verso il suo nemico, forse in un disperato quanto patetico tentativo di ghermirlo. La mazza cadde al suolo a breve distanza e un lampo illuminò la scena, seguito da un possente tuono.
Il ninja esitava ad avvicinarsi, ancora al riparo dell'albero.
«Sei tu, Igarashi? Vieni avanti.»
Obbedì, domandandosi come avesse fatto a vederlo… o forse aveva semplicemente percepito la presenza di qualcuno? Non aveva idea di quale potesse essere l'estensione dei nuovi poteri del suo padrone, e forse non voleva neanche conoscerla.
«Siete davvero voi, Yuki–dono?»
Il suo sguardo percorse la lama azzurra sporca di sangue, sulla quale fluiva l'acqua.
«La spada mi ha cambiato per sempre, Igarashi… ma era un prezzo che ero disposto a pagare. Ciò che conta, ora, è raggiungere al più presto la capitale.»
Rinfoderò la Onibatsu e si diresse verso il destriero, che indietreggiò e nitrì.
«Calma, Kaze. Sono io.»
L'animale strusciò lo zoccolo anteriore nel fango, ma si lasciò avvicinare. Yoichi gli accarezzò il muso, gli concesse qualche momento per fiutarlo e montò in sella. Il ninja si avvicinò.
«Yuki–dono… ho giurato di essere un'ombra al vostro servizio, ma siamo senza cavalli, perciò temo che stavolta dovrete proseguire da solo.»
Lui annuì e afferrò le redini.
«Torna dagli altri, riferisci l'accaduto. E non temere, ci incontreremo ancora.»
Diede di talloni e Kaze si lanciò al galoppo verso gli alberi. Igarashi concluse che forse ora il suo signore era in grado di trovare da sé la strada.
Restò a guardare il destriero bianco svanire nel folto, pregando per il suo successo.



***




Lo Shogun osservava il campo di battaglia dal crinale, una mano stretta intorno alle redini, l'altra sull'impugnatura della preziosa tachi. Aveva la sensazione di soffocare, avrebbe voluto incolpare il pesante kabuto e la maschera, ma sapeva che non era quella la ragione. Sotto di lui, nella grande pianura battuta dalla pioggia, migliaia di samurai affrontavano gli invincibili oni in uno scontro del tutto impari. A nulla sembravano valere le loro tattiche: le frecce erano per loro poco più che spilli e le spade erano incapaci di colmare la differenza nella portata d'attacco. Quanto alle lance, gli yokai si limitavano ad afferrarle e a spezzarle in due.
“Yuki–dono, dove siete?”
Fu allora che la battaglia mutò. Gli oni cominciarono a convogliare parte delle truppe per difendere il loro fianco destro, come se stessero subendo un attacco. Tuttavia non c'erano rimaste altre forze in tutto il regno, erano già tutti schierati sotto il suo comando. Che fosse...?
Lo Shogun si fece passare il cannocchiale e lo puntò in quella direzione.
«Takamitsu–sama, cosa vedete?»
Aveva la pelle d'oca e lo strumento gli tremava tra le mani.
«L'Onimusha…»



***




Yuki percepiva chiara nella mente la voce della spada, che sussurrava senza sosta minacce violente nei confronti della genìa degli oni. Un tempo, come uomo, li aveva odiati lui stesso. Ora, li faceva a pezzi uno dopo l'altro con la flemma con cui si taglia la legna. Nemmeno quelli che indossavano qualche tipo di armatura riuscivano a contrastare la ferocia della Onibatsu e finivano per perire sotto i colpi della sua lama fiammeggiante.
Continuò a farsi strada tra le fila nemiche, finché tra di loro non si creò un vuoto e Yoichi si ritrovò dinanzi al condottiero degli oni. Portava un copricapo che lasciava scoperte le enormi corna e un'armatura spessa che gli proteggeva tutto il corpo; brandiva una kanabou per mano. Avanzò di qualche passo.
«Così, il rancore di Muramasa si è risvegliato… ma il tuo potere non basterà a distruggerci tutti.»
Puntò una delle mazze verso di lui.
«Cadrai qui, falso oni, e mi assicurerò di distruggere quella spada con le mie stesse mani… una volta per tutte!»
Yuki brandì la Onibatsu con entrambe le mani, inspirò ed espirò e la luce che lo avvolgeva crebbe d'intensità; in quel momento il tempo parve fermarsi.
Solo la pioggia continuava a scrosciare sul campo di battaglia congelato in quell'istante, dove stavano per decidersi le sorti di quelle terre.


Glossario



Uta no mori: "Foresta della Canzone".

Yuki–onna: Donna delle nevi, una delle molte figure mitologiche giapponesi. Si dice appaia presso i boschi innevati e che sia specialmente ghiotta dell'energia vitale dei bambini.

Bonzo: Monaci giapponesi, alcuni pacifici, altri guerrieri, che generalmente predicano dettami derivati dal sincretismo tra buddhismo e shintoismo.

Dono: Si tratta di un onorifico arcaico, un tempo usato per rivolgersi al Daimyo, cioè il feudatario, o comunque a individui di una certa levatura sociale. Oggi è caduto in disuso.

Yokai: Demoni. Cade sotto la definizione di yokai la gran parte delle entità sovrannaturali della mitologia nipponica, come i tengu, le yuki–onna, gli yoko e i kappa. Possono essere manifestazioni benigne o maligne.

Yoko: Spirito di volpe, che talvolta può anche assumere sembianze umane.

Daimyo: Signore feudale, vassallo dello Shogun (l'Imperatore). A seconda dell'importanza, si potrebbe paragonare a un barone, un conte o un duca.

Oba–san: Zia/zietta. Usato spesso anche per le donne anziane, nei confronti di un'estranea può essere interpretato come poco cortese o troppo confidenziale.

Ninja: Famigerati sicari, spesso impiegati per assassinii di natura politica. Sono noti per utilizzare un certo numero di armi e tecniche, tra cui veleni e oggetti da lancio.

Oji–san: Nonno. In questo caso, "vecchio".

Tachi: Tipo di spada prevalentemente usata dalla cavalleria, fu sviluppata prima della più famosa katana, ma restò in uso presso la nobiltà anche in seguito. Rispetto a quest'ultima presenta una lama più lunga e più curva, con il taglio verso il basso.

Kasa: Tipico cappello giapponese dalla tesa larga, usato da monaci e viaggiatori. Ve ne sono di vario tipo.

Oni: Traducibile come "orco", un demone giapponese malvagio. Presenta caratteristiche corna sulla testa, ha generalmente un aspetto selvaggio e veste di pelli. Di norma, gli oni si suddividono in rossi e blu; il personaggio di Lamù è un esempio di oni.

Kappa: Tipo di yokai acquatici assimilabili al kelpie scozzese, simili a tartarughe o rane antropomorfe. Le leggende li collocano negli specchi d'acqua dolce, come fiumi, laghi e stagni.

Kunai: Caratteristici pugnali da lancio dalla forma stretta e allungata, utilizzati principalmente da ninja e kunoichi (donna ninja).

Kaze: Vento, è il nome del cavallo di Yoichi.

Kanabou: Grande mazza chiodata, caratteristica degli oni. "È come dare una kanabou a un oni", è un tipico detto giapponese, che significa dare un ulteriore vantaggio a chi è già avvantaggiato in partenza.

Kodachi: Tipo di spada corta che sta alla tachi come la wakizashi sta alla katana.

Tanto: Tipico pugnale giapponese, dalla lama di lunghezza inferiore ai 30 cm.

Onibatsu: Il nome dell'arma si può tradurre come "Castigo dell'oni".

Kabuto: Tipico elmo giapponese che, nel caso dei generali, presenta l'effigie della loro casata. I kabuto inoltre comprendono di solito anche una maschera, che si può rimuovere indipendentemente dal copricapo.

Bodhi: Termine sanscrito traducibile come "risveglio" o "illuminazione", che indica il risveglio spirituale nel buddhismo.

Sama: Onorifico di massimo rispetto, nell'antichità era riservato solo alle divinità e all'Imperatore che le incarnava.

Onimusha: "Guerriero oni".

Edited by Askar (M.G.) - 13/4/2024, 16:51
 
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