Forum per scrittori: La vetrina dello scrittore esordiente

LA FIGLIA DEL CAOS - Capitolo I, Chi vuol tentare di scrivere il secondo?

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SimonPen
view post Posted on 11/4/2016, 23:19     +1   -1




Il battito era regolare. La mano ferma attendeva solo il momento giusto per scoccare la freccia. Muscoli e tendini erano perfettamente tesi, privi del minimo spasmo, controllati.
Non era certo la prima volta che si preparava a uccidere, e la grande distanza non era affatto proibitiva per i suoi occhi di elfo.
La radura sembrava immobile. Persino il vento aveva cessato il suo divenire. Non si insinuava più sotto il sottile cappuccio che scendeva sulla fronte, a coprire il capo.
L’occhio lasciato schiuso per prendere la mira osservava da lontano la preda inerme, inconsapevole. L’elfo nero, invece, sapeva bene cosa si sarebbe svolto. Il dardo avrebbe perforato il polmone dell’animale provocandogli un’emorragia, e così la morte.
Già… La morte…

Divenuta sua unica amica, aveva dovuto farci i conti fin da bambina.

Trascinata in quelle radure vent’anni prima, e lasciata in fin di vita nei pressi del labirinto della “Bestia”, era sopravvissuta contro ogni previsione, e ora era lì. Fredda e spietata come la vita stessa l’aveva resa.
La notte era divenuta sua alleata, la paura sua consigliera, la selva la sua casa. Aveva marchiato gli alberi in modo da potersi orientare con facilità. Adorava arrampicarsi in cima a quelli più alti per ammirare il panorama e sentire la brezza carezzargli il volto. Comprendeva a pieno il sottile equilibrio dell’ecosistema sotto di lei, e non uccideva mai più di quanto gli fosse necessario per sopravvivere.
Aveva imparato a distinguere ogni suono, a calcolarne la distanza in base all’intensità. A controllare le sue emozioni finanche il respiro. Un atto istintivo, naturale, che aveva assoggettato al suo volere. I suoi sensi si erano acutizzati a tal punto da renderla un tutt’uno con l’ambiente che la circondava. Era divenuta sempre più abile nella caccia. Un’assassina nata.
Più tardi, però, scoprì che l’adolescenza le aveva portato dell’altro oltre le sue capacità. Qualcosa che sentiva agitarsi nelle sue vene. Lo percepiva, ma non poteva comprenderlo. Un potere immenso. Una forza irrazionale e incontrollabile che in pochi istanti le aveva fatto cancellare anni della sua esistenza. In un attimo di follia aveva ucciso la mano che l’aveva salvata e nutrita al tempo in cui lei non poteva farlo.
Rinsavita da quegli attimi terribili e senza senso, si era ritrovata coperta di sangue, la mente smarrita.
Poco più tardi la pelle cominciò a scurirsi e a farsi più dura, quasi insensibile, come la corazza di un rettile o la corteccia di un albero, solo più liscia. Le pupille scomparvero lasciando la sclera lattea, iridescente, che le permetteva di vedere perfettamente anche al buio. Il senso di colpa per quel folle gesto si assopì insieme ad esse, fino a scomparire del tutto.
Da quel giorno non fu più la stessa, non fu più innocente, non fu più la piccola Urwen del villaggio di Mezza Luna; cominciò a mutare divenendo, di fatto, l’ultimo elfo nero.

D’improvviso, un sibilo appena percettibile si fece strada tra gli alberi. Una foglia cadde al suolo. Urwen la sentì staccarsi e toccare terra. Un dardo si era infilato nel costato del daino, ma non proveniva dalla sua faretra. Qualcun altro lo aveva scoccato con precisione dalla parte opposta della foresta.
Dal calpestio dei rami, capì che si trattava di una figura snella, veloce, che si avvicinava in fretta alla preda che si frapponeva tra loro.
Le foglie si aprirono repentine, e dalla selva sbucò un elfo della razza “moon”: la pelle era chiara con sfumature azzurrine, i capelli bianco-argentei e gli occhi di un blu intenso con pagliuzze dorate. Il suo nome era, Dorlas. Gli abiti apparivano rustici, ma di fattura raffinata, e con tonalità di colore che lo aiutavano a mimetizzarsi tra il fogliame. Per questo Urwen lo aveva scorto solo all’ultimo momento.
Fulminea si era nascosta dietro un grosso tronco d’albergo, e lì era rimasta a osservarlo. L’ultima volta che ne aveva visto uno, era il giorno in cui era stata rapita dai Dhaka: elfi neri che la sottrassero dal suo villaggio durante la guerra che li portò all’estinzione.

Dopo il Grande Conflitto contro il Signore dei Dhaka, Volthron, un crepuscolo perenne era calato su quelle terre, e le anime dannate avevano cominciato a vagarvi senza trovare pace. L’anima stessa dello stregone si diceva vagasse ancora per quelle lande in cerca di un modo per tornare.
Nonostante la sconfitta di Volthron, nella Terra Ancestrale regnava tutt’altro che la pace. Continue battaglie tra i popoli del continente imperversavano per la conquista di risorse e potere.

Dorlas si prostrò per estrarre la freccia dal costato dell’animale. I lunghi capelli raccolti in trecce gli scesero sul volto. Mise una mano sul ventre del daino vicino alla ferita, e si scusò per averlo privata della vita. Poi, ringraziò gli Arcani Creatori di aver provveduto ancora una volta a procurargli il cibo necessario.

Qualche istante più tardi, un rumore appena udibile, proveniente da dietro un fusto, richiamò la sua attenzione. Si voltò repentino, aveva certamente visto Urwen ritrarsi fulminea dietro di esso. Si diresse verso la pianta con estrema cautela.
Giunto nei pressi dell’ebano nero vi balzò dietro, ma il suo sguardo si perse nel vuoto. Urwen non c’era più.

Dorlas chinò il capo verso il basso per riflettere. La freccia insanguinata era ancora nella sua mano destra, e grondava sangue. D’un tratto i suoi occhi si posarono su uno spazio anomalo per un terreno fitto di vegetazione come quello. Si chinò per guardare meglio. Scostò dei rami.
Come immaginavo…

Il fango umido evidenziava chiaramente un’impronta fresca.
Qualcuno mi stava osservando da qui, poco fa.

Dorlas si guardò intorno. La selva era stranamente silenziosa, tuttavia, si potevano udire dei lamenti sinistri in lontananza. Non era insolito nelle foreste di Terra Ombra.
Le anime dannate...

Attese ancora qualche istante. Poi, una folata di vento gli attraversò i capelli. Alzò gli occhi al cielo, il tempo stava cambiando repentinamente.
L’odore dolciastro e pungente, tipico della pioggia sulla vegetazione, solleticava le narici dell’elfo. L’aria era pervasa da quella tipica fragranza che precede sempre i temporali.

Dorlas si affrettò. Dispose il daino sulle sue spalle e si voltò per tornare al villaggio di Fronda Viva.
Lungo la strada il buio si fece via via più intenso, la pioggia più fitta. Strane ombre sfilavano fluttuando tra gli alberi d'ebano nero. I lamenti erano sempre più vicini. Il fango, e la coltre di foglie e alberi che si decomponeva sul terreno, era a ogni passo più viscoso e difficile da attraversare. Capì ben presto di non poter proseguire a lungo.
Si guardò intorno in cerca di qualcosa con cui costruire un riparo.
Bingo.
Un guscio di Testuggine Ciclopica faceva capolino dal fondo frondoso della foresta. Scaricò a terra il daino e si mise alla ricerca di un ramo dalla forma a “y”. Lo piantò saldamente nel terreno per far sì che reggesse il guscio da un lato, a formare una capanna. Poi, cercò degli alberi con arbusti del diametro di circa cinque o sei centimetri. Un legno troppo piccolo sarebbe stato certamente umido fino al centro, mentre l’acqua sarebbe penetrata solo superficialmente in uno più grosso, lasciando la parte centrale perfettamente asciutta.

Dorlas sguainò il “Bichwa” dal fodero affrancato alla cinta: un tipico pugnale usato dagli elfi moon, con la lama a forma di esse e l’elsa forata.
Dopo aver reciso le appendici, iniziò a privarle della corteccia e li tagliò a listelli, in modo da poterli separare più facilmente dalla parte umida. Sfregando con la lama sulla parte asciutta ricavò dei riccioli che gli sarebbero serviti come esca per far attecchire più rapidamente il fuoco.

Sotto il guscio, lungo più di due metri, alcune rocce poste in cerchio arginavano il fuoco, mentre atri rami giacevano ad asciugare vicino ad esso.
Dorlas sviscerò il daino e ne prese parte per ripulirlo e cuocerlo sulla fiamma viva.
Con la schiena rivolta a un albero gustava parte della coscia del daino, la sua preferita. Rimembrò quando la madre lo aveva rimproverato per averla fatta poppare alla sorella ancora in fasce. Dorlas era molto legato a lei.

L'aria si fece improvvisamente più fredda. Il fuoco tremò come se qualcuno vi fosse passato accanto, ma Dorlas non vide nessuno. Di sorpresa, degli artigli lunghi più di trenta centimetri emersero dal buio sfregiandogli il volto. Aveva scongiurato una ferita peggiore gettandosi d’istinto da un lato. Tuttavia, nel cadere a terra aveva trascinato con sé il pesante guscio di testuggine, che gli era caduto addosso bloccandogli le gambe. Era spacciato. Quando vide cosa lo aveva attaccato rimase attonito. Un Wendigo delle Terre Albine non si era mai spinto così a Sud delle Cascate Gelate: un licantropo alto più di due metri, con lunghe corna di cervo e artigli affilati come lame di coltello. Al contrario dei licantropi tradizionali, i Wendigo versavano costantemente nella condizione animale. In principio erano uomini del nord, ma essendosi nutriti dei propri simili, durante una tormenta, furono maledetti dagli Arcani Creatori e trasformati in belve irrazionali.

Dorlas trasalì. Il Bichwa era troppo distante perché potesse afferrarlo, e il Wendigo si avvicinava minaccioso. Chiuse gli occhi, e allargò le braccia in segno di resa raccomandando la sua anima agli Arcani Creatori.
È finita…

Sentì uno schizzo di sangue sul volto. All’inizio pensò si trattasse del suo, ma dopo qualche istante si rese conto di non avere alcuna ferita su di sé. Udì un tonfo sordo. Quando riaprì gli occhi si trovò davanti la stessa figura che aveva intravisto nella foresta poche ore prima. L’elfo nero che lo aveva spiato e che aveva lasciato la sua impronta nel fango, stringeva ancora in una mano il cuore pulsante del Wendigo. Un liquame blu le colava lungo l’avambraccio, e dal gomito si sperdeva nel terreno. Il muscolo cardiaco era fatto di ghiaccio, gelido, cristallino. In perfetta sintonia col clima rigido delle Terre Albine.

Urwen aveva letteralmente strappato il cuore dal petto del Wendigo trapassandogli il tronco da parte a parte. Poi, aveva ritratto il braccio con una tale violenza da far cadere la belva a faccia in avanti.
Le fauci del mostro erano a un palmo dal viso sfigurato di Dorlas.
Il Wendigo riprese conoscenza. Non si curò affatto dell’elfo moon accanto a lui. Sembrava non risentire della ferita infertagli pochi istanti prima, né dell’assenza del cuore nel suo petto. Si alzò, e si gettò furioso sopra il suo aggressore. Iniziò una violenta colluttazione, il cuore della belva scivolò dalla mano dell’elfo nero, e rotolò vicino al fuoco.
Più il cuore di ghiaccio rimaneva esposto al calore, più il Wendigo s’indeboliva; Urwen non ci mise molto a capire. Riuscì a liberarsi dalla presa della belva, e con un calcio spinse il cuore sulla fiamma viva. Il Wendigo si accasciò, e stavolta non si alzò più.

La figura statuaria dell’elfo nero si stagliava ansimante davanti a Dorlas. Per un attimo pensò volesse uccidere anche lui, mentre si faceva più vicina.
«Chi sei?» le domandò.
«Io sono colei che distruggerà il mondo, compreso tutto ciò che in esso hai di più caro.» Le parole rimasero sospese qualche istante. Gli occhi di Urwen erano vuoti, dal suo volto non traspariva alcuna emozione mentre pronunciava quelle parole terribili, eppure c’era stato un tempo in cui avrebbe pianto al solo pensarle.
Dorlas non riusciva a muovere le gambe.
«Come puoi esistere? I Dhaka si sono estinti molto tempo fa, eppure tu…»
«Non ho sempre avuto questo aspetto.» Urwen lo interruppe. «In un tempo non lontano da questo ero esattamente come te.»
Dorlas corrugò la fronte.
Che assurdità…

«Come sarebbe a dire? … Gli elfi neri sono nati così, non si diventa elfi neri ad un tratto.» Il moon non riusciva a comprendere. Per un attimo dimenticò che l’essere con cui stava parlando non era affatto amichevole. Era lì, in silenzio, china su di lui. Lo fissava con occhi vuoti, inespressivi, inquietanti.
«Perché mi hai salvato?» la interrogò di nuovo.
«Perché solo tu puoi fermarmi.» Urwen sfilò una provetta dalla sua cinta, conteneva uno strano liquido verde.
«Bevi questo» gli disse «tra poco starai meglio.» Attese qualche istante. «Quando ci rincontreremo sarai più forte. Quel giorno dovrai uccidermi, o sarà la fine di tutto.»
Dopo quelle parole, Urwen scomparì nella selva prima che Dorlas potesse aggiungere altro.

Edited by SimonPen - 12/4/2016, 11:16
 
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view post Posted on 13/4/2016, 10:58     +1   -1
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Ottimo pezzo Simon Pen, scrivi bene, anche se il correttore automatico ti ha tirato un brutto scherzo con un tronco "d'albergo" :lol: !

L'unica pecca è la notevole lunghezza dello scritto, leggi qui per capire cosa intendo ^_^ !

:B): stai andando forte ragazzo !!!
 
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view post Posted on 13/4/2016, 12:00     +1   -1

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La persona più adatta a continuare,visto il genere, è, a mio parere, Al! Vi siete nutriti alle stesse mammelle letterarie e culturali e poi Al non ci mette niente ad inventare.
Mi devo fare i c, cioè gli affari, miei?
 
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view post Posted on 13/4/2016, 12:11     +1   -1
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Hai ragione Licia, la fantasia di Simon Pen è paragonabile, così come la sua abile penna, allo stile di Al ^_^ !

In ogni caso posso affermare che, con le prove alla mano e con mia immensa soddisfazione personale, il livello artistico del forum è già altissimo ^_^ !
 
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view post Posted on 13/4/2016, 12:18     +1   -1

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Sono contenta della tua soddisfazione personale, più che meritata per l'impegno che profondi :wub:
 
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view post Posted on 13/4/2016, 12:27     +1   -1
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E tu, Licia, siilo perché non sei solo una stella di questo firmamento che si è creato, ma sei l'intera culla astrale -_- .

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view post Posted on 13/4/2016, 12:34     +1   -1
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Sono d'accordo con Corrado e con Licia. L'ho letto stamattina ed è scritto molto bene.
Ma lo voglio rileggere con calma per darti un giudizio più approfondito.
 
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SimonPen
view post Posted on 13/4/2016, 12:44     +1   -1




Grazie è importante il tuo parere... Mannaggia a questo correttore... :)

Domando scusa per la lunghezza, non avevo letto il promemoria

Grazie, attenderò il tuo giudizio.

No, no. Assolutamente, se tuo padre può contribuire ne sarò molto felice. Grazie.

Concordo con la qualità di questo forum, per ora ho solo letto qualcosa qua e là, ma vedo che ci sono ottime penne e ottimi pensatori.
 
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view post Posted on 13/4/2016, 12:51     +1   -1

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Che meraviglia di foto!
 
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view post Posted on 13/4/2016, 12:52     +1   -1
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CITAZIONE (SimonPen @ 13/4/2016, 13:44)
... per ora ho solo letto qualcosa qua e là, ma vedo che ci sono ottime penne e ottimi pensatori.

:B): E ci sei dentro di diritto anche tu ^_^ !
 
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9 replies since 11/4/2016, 23:19   67 views
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