Forum per scrittori: La vetrina dello scrittore esordiente

Oltre il muro di ghiaccio

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Oltre il muro di ghiaccio

di Corrado Allegro

Genere: Cospirativo

Forma: Romanzo divulgativo

Anno: 2017

Tutti i diritti riservati.
_______________________________________________

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Aeropuerto Internacional Presidente Carlos Ibáñez del Campo – Cile.

Capitolo 1: Arrivo a Punta Arenas

Venerdì 1 marzo 2019 ore 15:10 - Caryn.

«Byron, pronto. Byron, riesci a sentirmi?»
Urlò mia madre al cellulare richiamando l'attenzione di alcuni passeggeri in attesa di un volo coincidente.
«Non molto bene Ally.»
Potei sentire chiaramente anch’io, anche se la comunicazione era disturbata.
«Ma ci siamo quasi. Stiamo concordando per l'atterraggio con la torre di con-troll...»
Ascoltai con voce gracchiante. Poi la comunicazione s'interruppe.
Con delicatezza ripose il telefono nella sua borsetta e rivolse lo sguardo verso il cielo plumbeo che minacciava pioggia. Mi sembrò preoccupata.
«Grazie al cielo stanno arrivando. Speriamo prima che piova.»
Mi disse poi con voce tesa.
Io invece ero tranquilla: conoscevo l’abilità con cui lo zio Byron dominava qualunque macchina volante, un vero fuoriclasse, e non ero affatto preoccupata per le avversità atmosferiche. Prese a camminare avanti e indietro nervosa, sollevai appena lo sguardo e incrociai il suo. Sbuffai per farle capire che io non ero per niente in pensiero anzi, in quel momento ero addirittura felice che quella già fin troppo lunga permanenza in quel posto stesse per terminare.
«Ti ha detto quanto ci metterà ancora?»
«Se è in comunicazione con la torre di controllo, è certamente a meno di cento chilometri: dovrebbe arrivare tra non più di quindici minuti.»
Un brivido mi avvolse e non trattenni un cenno di sorriso, non ce la facevo più ad aspettare. Erano ben due anni che lo zio non veniva a trovarci. Purtroppo però, ripensando alla sua ultima visita, ricordai anche il loro moccioso e aggiunsi:
«Se non fosse per quello stupido di Luke, sarei al settimo cielo.»
«Ma cos'hai contro tuo cugino? Potrai vantarti della tua nuova Jeep. L'ultima volta che vi siete visti, eravate entrambi in bicicletta».
«Oh mamma! Basta con la storia del cugino. Lui non è mio cugino, l'hanno adottato!»
Inveii irritata ricordando quante volte dovetti averlo tra i piedi due anni prima.
«È solo un cretino brufoloso e io non voglio fare la baby sitter come l'ultima volta. Io voglio stare con zio Byron e imparare a volare con il suo socata tibiemme settecento. Me l'ha promesso!»
«Nessuno ti ha mai chiesto di fare da baby sitter. Se non lo vorrai tra i piedi, non dovrai preoccuparti, vedrai che tuo padre sarà contento di portarselo alle miniere o a fare qualunque altra cosa con sé. In quanto ai tuoi progetti sul pilotare l'aereo dello zio, finché non lo sentirò dalla sua voce, puoi scordartelo!»
«Lo sentirai, sta' tranquilla!»
Aprii la borsa e presi lo specchietto per controllare il trucco e proprio in quel frangente fui attratta dal gruppetto di turisti che improvvisamente aveva smesso di fare baccano. Tutti i componenti, alcuni dei quali provvisti anche di binocolo, puntarono i loro sguardi verso nord, guardando attraverso l'ampia vetrata dell'hangar.
Dalla coltre di nuvole si intravedevano le luci brillanti di un aereo in avvicinamento. Molti di loro iniziarono a raccogliere rapidamente ciò che avevano appoggiato in modo disordinato sulle poltroncine, e uno, probabilmente la guida, sollevando una bandierina arancione, si prodigò a leggere da una lista una serie di nomi ad alta voce. A ogni nome seguiva una risposta e il rituale non mi dispiacque.
«Grazie al cielo vanno via.»
Non riuscii a trattenere, e mi sedetti di traverso volgendo loro le spalle.
«Cominciavo a non sopportare più i loro schiamazzi.»
Riportai il mio sguardo sullo schermo del telefono e scorsi con poco entusiasmo immagini e frasi.
«È vero, Caryn, non dovrai sopportarli ancora per molto.»
Rispose dopo alcuni secondi mia madre.
«Ma non per quello che pensi tu.»
Mi voltai guardandola incuriosita, come per chiederle spiegazioni, e mi accorsi che stava stringendo le palpebre per aguzzare la vista. In un istante, con un sorriso pronunciò:
«È lo zio. Sono arrivati!»
Spensi in fretta lo schermo del cellulare, mi raddrizzai sulla poltroncina dove oramai ero praticamente sdraiata. Puntai quelle luci e non ebbi dubbi, era proprio zio Byron. Mi alzai in fretta, lasciai scivolare il telefono nella tasca posteriore del jeans e mi sistemai i capelli; ci tenevo a farmi trovare in ordine.
Con soddisfazione osservai la delusione dei componenti del gruppo di turisti in partenza per Buenos Aires. In quell’istante fui pienamente consapevole dell’insofferenza con cui li avevo sopportati fino a quel momento.
Seguii l’atterraggio con ammirazione. Quando il rullaggio terminò, mi affrettai a raggiungere l’uscita accelerando anche il passo di mia madre dopo averla presa per mano e tirata fino quasi a trascinarla. Aspettammo all’esterno il termine delle manovre di parcheggio del velivolo. Ci eravamo sistemate sulla linea gialla, al limite della zona riservata al personale di volo. Con lentezza vidi arrivare il trattore del gate agganciato all’aereo che lo stava trasportando nell’area di parcheggio. Saltellai con energia e salutai a due braccia; una mano mi rispose dall’oblò.
In pochi minuti l’aereo fu posizionato nella sua sede. L’agente di rampa sganciò il trattore, diede l’ultimo segnale e poi salutò il pilota con la sua barra luminosa prima di allontanarsi.
L'elica era ancora in rotazione quando si aprì il portello e si azionò il meccanismo di apertura della scala. Scese per prima zia Geraldine e anche se l’aereo era distante circa cento metri, non potei che restare colpita dalla sua silhouette. Non riuscii a trattenere un:
«Wow, zia Geraldine è in piena forma!»
Mia madre non tardò a rispondermi con un'espressione mesta:
«Beata lei!»
Poi vidi trotterellare giù per la scala il nanetto.
«Ecco l'imbecille!»
Pronunciai con voce irta.
«Mi pare ancora più basso di due anni fa.»
E osservandolo meglio aggiunsi con un tono sconfortato:
«E si veste come un clown. Ha diciannove anni, mamma; è un anno più grande di me! Ma ti rendi conto? Io non lo voglio tra i piedi, sia ben chiaro da subito!»
Mia madre si voltò verso di me inspirando profondamente e, sollevando le sopracciglia, stirò un angolo della bocca. La sua espressione mi confermò che condivideva le mie perplessità. E come avrebbe potuto non condividerle dal momento che quei pantaloncini gialli e tutto il resto dell'abbigliamento, che sembrava essere stato disegnato per uno dei personaggi dei fumetti per bambini, lo facevano apparire come se fosse uno squilibrato.
Finalmente dall'ombra della carlinga spuntò prima il braccio teso e poi il sorriso di zio Byron che, salutandoci allegramente, scese con fare lento e fiero dalle scale dell'aereo.
Mi parve strano che ci fosse ancora il motore acceso e che i tre restarono fermi in prossimità del velivolo anziché muoversi verso di noi. L’indizio mi fece immaginare che a bordo ci fosse una quarta persona, e non mi sbagliavo, infatti qualcuno all'interno spense prima le luci e poi il motore. Ma chi poteva essere? Lo zio avrebbe soggiornato a casa nostra e non mi piaceva l’idea di dover ospitare estranei.
Mentre mi perdevo in supposizioni e congetture, vidi comparire un ragazzo molto alto, atletico, in jeans e maglioncino, che ci salutò con ampi movimenti di braccia. Mi sembrò di riconoscerlo, e sbarrai gli occhi mentre con meraviglia chiesi conferma a mia madre:
«Ma è?»
«Eh sì! È proprio il brutto anatroccolo, Caryn.»
Il ragazzo scese dalla scaletta velocemente e con altrettanta solerzia corse verso di noi lasciando indietro tutti gli altri che attesero la lenta chiusura del portellone prima di muoversi. Quando Luke ci raggiunse salutò cordialmente mia madre e poi si lanciò verso di me senza freni. Mi avvolse in un abbraccio forte e vorticoso che mi sorprese. Me ne ritrovai rapidamente in braccio e, da così vicino, riconobbi perfettamente i suoi lineamenti. Li sentii familiari. Era diventato un uomo, e che carino!

Luke_e_Karyn


«Luke, non immaginavo che fossi cresciuto così tanto!»
Esclamai con uno sguardo imbarazzato.
E lui, con un sorriso radioso, mentre mi riadagiava con delicatezza i piedi per terra, e con una voce non più da ragazzino: «Anche tu sei cresciuta, pensavo di trovare ancora quel rospetto che due anni fa mi faceva trovare sempre le ruote della bici sgonfie per potersi dileguare in paese.»
«Avevi capito che ero io a sgonfiarle?»
«Ma dai! L'avevo capito benissimo che mi volevi fuori dai piedi. C'era quel tuo amico, John, se non sbaglio; non facevi altro che parlare di lui con Katrine.»
Quelle parole mi evocarono un periodo doloroso che stavo ancora tentando di superare, e per un istante mi sentii cadere un velo di malinconia nello sguardo. Luke di sicuro lo notò. Il suo sguardo per un rapido istante mostrò curiosità, lo percepii chiaramente, ma subito dopo fece finta di non aver colto quella sfumatura e sorvolò rapidamente l'argomento spostando alla svelta la sua attenzione verso i genitori che nel frattempo ci avevano quasi raggiunti.
Ammirai molto quest’atteggiamento e in un istante mi resi conto che quel ragazzetto che due anni prima mi aveva praticamente rovinato le vacanze estive, ora era un uomo dall’animo sensibile. Lo osservai silenziosa ed ebbi la sensazione che non mi sarebbe dispiaciuto conoscerlo meglio. In quel frangente il tempo mi sembrò che avesse rallentato, ma tutti i miei pensieri si dissolsero quando mi resi conto che zio Byron era a un passo da me, con le braccia aperte, e così mi lanciai in un fortissimo abbraccio.
«Zio Byron, finalmente sei arrivato! Ho un mucchio di cose da raccontarti. Quanto mi sei mancato!»
«Oh Caryn, credevo che le tue fotografie su Instagram fossero, ehm, come dire, ritoccate; e invece ti sei fatta davvero bellissima!»
«Zio, hai sempre voglia di scherzare tu! Ma lo sai che ho preso la patente? Guarda lì che meraviglia.»
E con il braccio teso indicai la mia Jeep celeste, l'unica auto parcheggiata in quell'aeroporto utilizzato quasi esclusivamente come scalo intermedio dai voli turistici tra le Galapagos e le Falkland.
Lo zio non smetteva di farmi complimenti e io non ci pensavo neanche a mollarlo dall’abbraccio. Ero felice come poche volte mi era capitato di esserlo, ma poi mia madre pronunciò ironica:
«Solo nipoti in questa famiglia eh?»
Zio Byron con uno sguardo sommesso si divincolò da me con delicatezza e strinse calorosamente mia madre che non sopportava più l’attesa.
Salutai con un abbraccio, un po’ meno caloroso rispetto a quanto avevo fatto con lo zio, anche la zia Geraldine che si complimentò per quanto fossi diventata bella; sì, come se lo fossi davvero!
«Ciao sorellona!»
Sentii esordire zio Byron mentre stringeva e scuoteva energicamente la sorella.
«Byron, dovresti farti vedere più spesso. Accidenti a te! Hai tutti i capelli grigi».
«Grigi?»
Chiese lui con un'aria un po' zuccherosa.
«Questo si chiama brizzolato! E miete ancora vittime, cara sorellina.»
Una smorfia di zia Geraldine, che mi stringeva ancora, fu più che eloquente e tutti scoppiammo a ridere.
Mia madre a quel punto appoggiò la sua mano sulla spalla del ragazzino e con uno sguardo benevolo, ma sorpreso, chiese rivolgendosi a Geraldine:
«E lui chi è?»
«Lui è Nick, il fratello naturale di Luke, siamo a buon punto per ottenere anche la sua adozione.»
«Piacere Nick, io sono Ally, la tua nuova zia.»
Disse poi al ragazzino allungando la mano:
«Piacere mio, signora Ally.»
Rispose lui educatamente.
«Gli assomigli molto.»
Feci in tempo ad aggiungere io, quando un istante dopo udii la voce di Luke che urlava dal parcheggio, con le mani a megafono:
«Caryn, dai fammi vedere il tuo bolide!»
Tesi allora la mano a Nick come per invitarlo a seguirmi verso l'auto. Dopo un primo accenno di titubanza, allungò la sua mano e la strinse forte alla mia. Ci allontanammo dal gruppo degli adulti ridendo e correndo. Non mi aspettavo quel gesto di fiducia, ma mi diede la netta sensazione di aver già trovato affinità con quel ragazzo e questo mi fece sentire bene.

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Edited by Corrado Allegro - 9/1/2024, 18:18
 
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