Racconto breve scritto dopo aver letto il libro "Le voci di Marrakech" di Elias Canetti.
MARRAKECHMi alzo che è ancora buio, pensare a questa operazione mi toglie il sonno. Cammino lungo il corridoio con una vestaglia di flanella e mi godo il silenzio.
Tra una settimana sarò a Milano disteso sul lettino operatorio, incosciente, i miei testicoli depilati e disinfettati saranno violentati da un bisturi impietoso. Rimuovo l’immagine e mi getto a capofitto nella città di Marrakech come se fosse l’ultima frontiera.
Non ho ancora deciso se esplorarla tutta o visitare solo i posti più caratteristici. Mi colpisce un cammello che viene trascinato da alcuni uomini. Ha gli occhi che sembrano schizzare via dalle orbite, mentre cerca disperatamente di liberarsi mordendo le funi che lo stritolano. Qualcuno mi spiega che lo portano via per abbatterlo, perché ha la rabbia.
Raggiungo il mercato di Medina. Mi immergo tra i venditori vocianti e mi lascio inebriare dai colori e dai profumi della loro mercanzia. Mi aggiro tra le spezie che fioriscono dai sacchi di yuta cercando di ricordarne i nomi; mi lascio sedurre dalle stoffe e dai tappeti, perdo la testa per le lanterne di ferro battuto tempestate di pietre colorate.
Una donna osserva la scena dalla finestra di una torre dietro grate fitte come una ragnatela. Non indossa il burqa, la bocca si muove appena mentre pronuncia parole che non sono in grado di comprendere. Sembra la principessa di una fiaba che qualcuno ha imprigionato e i suoi occhi fissano sempre lo stesso punto. Qualcuno fa segno che è matta, ride, ma i più la ignorano.
Lungo il muro che costeggia la città ci sono alcuni ciechi che chiedono l’elemosina, alcuni raccontano storie che parlano di Re e di tiranni, ma nessuno ha voglia di ascoltare.
C’è ancora tempo prima che spunti l’alba. La città è un labirinto dove è facile perdersi, ed è questa la sua segreta ed eterna bellezza.